Senofonte

Socrate visto da Senofonte: saggio e moralista

Mi sembra strano pure che taluni si lasciarono convincere che Socrate fosse un corruttore della gioventù. In primo luogo, oltre quanto si è detto, egli fu il più temperante di tutti gli esseri umani nei piaceri d'amore e della gola, poi, fu il più tollerante del freddo, del caldo, e di ogni altra fatica, inoltre, fu educato a usare d'ogni cosa con tanta misura che, pur possedendo molto poco, molto facilmente si procurava il necessario. Come, dunque, un uomo siffatto poté rendere gli altri empi o ingiusti o golosi o intemperanti nei piaceri d'amore o fiacchi davanti alle fatiche? In realtà ne distolse molti da tali vizi rendendoli amanti della virtù e dando ad essi speranza che, se si prendevano cura di se stessi, diventavano eccellenti nel bello e nel bene: eppure non pretese mai di essere maestro in questo, ma, solo mostrando il suo esempio, faceva sperare a quanti lo frequentavano che, imitandolo, sarebbero diventati come lui. Non si disinteressava peraltro del corpo e non lodava chi se ne disinteressava. Disapprovava chi, mangiando troppo, si sottoponeva a una fatica eccessiva, approvava, invece, chi digeriva facilmente quel che lo stomaco aveva ricevuto con gusto. Diceva che una tale abitudine garantisce a sufficienza la salute e non impedisce la cura dell'anima. Ma non era ricercato, non era borioso né nell'abito, né nei calzari, e neppure nel modo di vivere. E non ispirava brama di ricchezze nei suoi familiari, perché, mentre li frenava negli altri desideri, non esigeva mercede da quanti bramavano stare con lui. Astenendosi dal denaro, pensava di prendersi cura della libertà: al contrario chiamava schiavi di se stessi quanti ricavavano quattrini dalla loro compagnia, giacché erano costretti a discorrere con quelli da cui avevano tratto la paga. Guardava con meraviglia chiunque esigesse denaro dalla professione della virtù e non ritenesse guadagno grandissimo l'acquisto di un amico buono, temesse, anzi, che chi fosse divenuto eccellente, non ripagasse con la più grande ricompensa il suo più grande benefattore. Socrate non fece mai ad alcuno tale professione, ma era convinto che quanti dei suoi familiari accoglievano i suoi princìpi, sarebbero stati per tutta la vita buoni amici verso di lui e tra loro. Dunque, come poteva corrompere i giovani un uomo siffatto? A meno che prendersi cura della virtù non significhi corrompere.

Per inquadrare il testo Senofonte inizia la sua descrizione attribuendo a Socrate grande capacità di resistenza agli eccessi, dedito ad una vita di moderazione e temperanza in ogni ambito. Egli non si occupa solo del corpo ma soprattutto dell'anima, insegnando attraverso il suo esempio a evitare i vizi e cercare la virtù. Ciò non può che portare chi lo frequenta a essere una persona migliore, le accuse di corrompere i giovani sono dunque false e pretestuose. Gli elogi nei confronti di Socrate si soffermano in questa seconda parte del brano nel tentativo di distinguerlo dai sofisti. Egli non ricerca le ricchezze ed è libero proprio perché non è costretto a parlare con qualcuno solo perché riceve da questi un compenso in denaro. A differenza della satira aristofanea che lo dipinge come un sofista, Senofane ribadisce il fatto che Socrate insegni la virtù senza chiedere nulla in cambio.

Per capire
1. Come si comporta Socrate rispetto alla cura del corpo?

2. Qual'è il rapporto tra Socrate e i suoi allievi nella descrizione di Senofonte?

3. Quali sono le accuse da cui Senofane vuole difendere Socrate? In che modo le confuta?


Per riflettere
4. L'immagine di Socrate che emerge dal testo di Senofonte è quella di uomo virtuoso che con il suo solo esempio è in grado di migliorare la condotta di vita dei suoi amici e allievi. Quanto pensi che l'esempio sia importante nel rapporto educativo? quanto invece un esempio irraggiungibile e impraticabile può essere di ostacolo al proprio miglioramento?


[Senofonte, Memorabili, I, 1-2, in Socrate, Tutte le testimonianze, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Roma-Bari 1986, pp. 77-81 (trad. di R. Laurenti)]





L'autore

Scrittore e storico greco (430-355 a.C.), nato da famiglia benestante, ebbe come prevalente interesse, in gioventù, l'equitazione e l'arte militare. Conobbe Socrate e ne risentì fortemente l'influsso, ma non divenne uno dei suoi discepoli. Nel 401, attirato dall'avventura, partecipò con un contingente di mercenari greci alla spedizione di Ciro il Giovane, che cercava di scalzare dal trono persiano il fratello Artaserse II: l'esito sfortunato e le sue simpatie aristocratiche l'avvicinarono alla politica spartana, tanto da farlo combattere contro la sua patria a Coronea (394). Messo al bando da Atene, fu nominato prosseno dagli Spartani, e ricevette una proprietà in Scillunte, dove poté dedicarsi alle sue grandi passioni, l'agricoltura e la caccia. Dopo la sconfitta di Sparta a opera di Tebe (371), tornò forse ad Atene. Morì poco dopo, nel pieno dell'attività letteraria.
Senofonte scrisse molte opere, la cui cronologia è difficilmente determinabile. Tra quelle storiografiche: l'Anabasi, monografia storica in 7 libri, racconto della spedizione di Ciro il Giovane con un esercito di mercenari greci contro il fratello Artaserse II (401-399); le Elleniche, in 7 libri, storia greca in continuazione di Tucidide (411/10-362: Mantinea); l'Agesilao, del 360, scritto subito dopo la morte del re; la Ciropedia, in 8 libri, romanzo storico su Ciro il Vecchio. Tra le opere politiche: Ierone, dialogo tra il tiranno di Siracusa Ierone I e il poeta Simonide; La costituzione di Sparta, elogio del sistema spartano; Poroi (Entrate dello Stato ateniese); tra le opere tecnico-didascaliche: Sui compiti del comandante di cavalleria, Sull'equitazione. Fu anche l'autore di scritti socratici: i Memorabili, in 4 libri, l'Economico (che ha anche carattere tecnico-didascalico), il Simposio, l'Apologia.